La noción de tiempo
en la filosofía hasta Kant

Diálogo sobre lo expuesto


- Padre Coyne: Io parlo dal punto di vista di uno scienziato puramente empirico. Io faccio le osservazioni con un telescopio e cerco di spiegare le osservazioni che faccio. Da quel punto di vista vorrei riflettere su tre punti che ha fatto il professore. Uno è il concetto d'ipotesi. L'ipotesi è un concetto molto ambiguo ed è stato sempre così sin dal tempo dei pitagorici. Un senso d'ipotesi è un puro espediente. Cioè, un puro modello matematico che non ha niente a che fare con il mondo come va. Non ha niente a che fare con una ricerca della verità dell'universo stesso. È un puro modello matematico che mi aiuta a prevedere i moti celesti. `E una nozione che viene sin dai tempi dei greci. Nell'altro senso d'ipotesi uno scienziato empirico sta ricercando come va il mondo, ma sa definitivamente se ha la risposta ultima. La verità per me -da scienziato empirico- non è mai acquisita, è sempre una verità ricercata. Spero che nella ricerca sto avvicinandomi alla verità, quello sì. Infatti, il caso Galileo va riconosciuto qua. Galileo è stato accusato di non accettare il copernicanismo come un'ipotesi. Galileo accettava bene l'ipotesi in un senso e ricusava di accettarlo nell'altro senso. Cioè, lui come Copernico, come tutti in quel periodo, non accettava quell'ipotesi come un espediente. Lui insisteva che stava ricercando la verità del mondo. Dall'altra parte come tutti i bravi scienziati, lui sapeva bene che non aveva prove del sistema copernicano, aveva delle indicazioni, dalle osservazioni fatte con il suo telescopio. Cioè, il fatto che c'erano le fasi di Venere, c'erano oggetti che giravano intorno a Giove, tutte quelle osservazioni cominciavano a dargli indicazioni, non prove, del sistema copernicano. Noi scienziati stiamo in cerca della verità. Popper parla della falsificabilità, la possibilità di trovare dati empirici che contraddicano un modello già stabilito. Cioè, un modello deve essere aperto a futuri dati empirici che possono falsificarlo e preparare il terreno per un modello migliore.
Faccio riferimento adesso al Big Bang. Il Big Bang è il modello migliore oggi e non c'è dubbio. `E la migliore spiegazione dei tutti i dati empirici, principalmente i tre seguenti: (1) il rapporto Hubble, cioè l'allontanamento delle galassie, lo spostamento al rosso degli spettri delle galassie; (2) il fondo cosmico; (3) l'abbondanza chimica degli elementi leggeri. In quei tre campi di dati empirici non c'è un modello che spieghi migliore che il modello Big Bang.
Bisogna fare sempre una distinzione fra creazione e origini. Creazione risponde alla domanda -come lei diceva di San Tommaso- perché c'è qualcosa anzi che niente? La creazione spiega perché c'è qualcosa anzi che niente, e quel qualcosa potrebbe essere eterna. Come diceva lei, è un'altra cosa di chiedere se l'universo è finito o infinito sia nel tempo sia nello spazio. L'universo potrebbe ben essere infinito sia nel tempo sia nello spazio, e non è una sfida all`Eternità di Dio perché è un altro tipo d'eternità, ovviamente. Allora, per dire, "creatio" risponde per me a quella domanda: perché c'è qualcosa anzi che niente?
Invece quando chiedo, come?, quando?, ecc., è sorta una certa cosa, sto parlando delle origini, e quando parlo delle origini sto nel campo delle scienze naturali; quando parlo della creazione sto sicuramente nel campo della teologia e della filosofia. Se le scienze naturali possono contribuire a quelle domande, non so dire o di sì o di no, onestamente. Non vorrei escludere la possibilità che le scienze naturali possono anche contribuire a quella domanda, perché c'è qualcosa anzi che niente?
Parlando del tempo finito o infinito sapete che Sant'Agostino aveva una bella battuta? Lui che ha studiato il concetto di tempo, e per primo ha stabilito quell'idea che tempo è una misura di un moto periodico. Ad ogni modo quando hanno chiesto a Sant'Agostino cosa faceva Dio prima di Creare il mondo, Agostino rispondeva: "Prima di creare il mondo Dio stava creando l'inferno per persone che fanno domande del genere.”

- Dra. Archideo: Gracias Padre Coyne. Muy interesante. Hermes ¿Nos va a decir algo?

- Dr. Puyau: El preguntarse por qué hay ente y no más bien nada, la pregunta se la reformula Leibniz. Usando el "principio de razón suficiente" dice: "Dios existe en razón de sí mismo" ya que él es partidario del argumento ontológico. La esencia de Dios es razón suficiente para que Dios exista, ésa es la tesis leibniziana.
Ahora, yendo al aspecto actual, yo diría que la confianza en la experiencia ha sido cuestionada un poco por los mismos epistemólogos actuales. Los epistemólogos de la Escuela de Viena hablaban de los datos sensibles. Esos datos sensibles serían inmunes a toda teoría, es decir, "yo los tengo, veo esto y mi visión no es determinada por ninguna teoría". Esa concepción del dato sensible psicológicamente es muy difícil de mantener frente a la visión gestaltista de la psicología. Pero desde el punto de vista de la teoría sería "siempre veo las cosas a través de una teoría". Por ejemplo, el corrimiento al rojo es una prueba del desplazamiento, del alejamiento de las galaxias, etc. Es indudable que interpretar ese corrimiento al rojo llevó a un montón de discusiones. Por ejemplo, un físico muy poco proclive a lo providencial como Weinberg, menciona cómo hasta el año 70, se discute el tema de cómo explicar el corrimiento al rojo. Se me dirá, es un conflicto de teorías. Pero es que yo no veo las cosas independientemente de un marco conceptual. Un marco conceptual que puede ser más o menos elaborado, pero ese marco conceptual es innegable. El puro dato sensible, como sostenía en su momento Erns Mach, hoy día no se puede admitir. No hay experiencia ajena a la teoría. No es fundamental esto que digo, pero indudablemente tiende a mostrarnos cómo la refutación de una teoría por la experiencia tiene también sus dificultades.

- Dra. Archideo: El Dr. Grigera, que pide la palabra, es el Director del IFLYSIB el Instituto de Física de Líquidos y Sistemas Biológicos, esencialmente sus estudios son de biofísica y de física de líquidos.

- Dr. Grigera: Muy brevemente quería comentar que las que llamamos hipótesis de trabajo son cosas que diariamente utilizamos en el laboratorio que son simplemente hipótesis que el experimento deberá confirmar o refutar sin ninguna mella a nuestro ego. Es decir, la hipótesis no es un planteo al cual estamos atados para nuestro desarrollo sino que es una base de trabajo.
Quería comentar brevemente el problema que voy a desarrollar mañana. No soy vitalista, y creo que el vitalismo tiene los problemas de falta de refutabilidad bastante serios. En ese desarrollo de cualquiera de los aspectos del origen de la vida, y no de la creación, uno debe mantenerse atado o siguiendo los preceptos de las hipótesis refutables y en ese sentido es bastante fácil de comprender la aparición del vitalismo en un momento en que la interpretación de ciertas reacciones y comportamientos de los seres vivos excedían largamente la capacidad de análisis por parte de la ciencia. Las cosas, creemos que afortunadamente han cambiado.

- Dr. Puyau: Yo estaba pensando que el vitalismo, un autor que nadie lee como Hans Drif, consideraba que los fenómenos vitales se distinguían de los otros por su carácter de totalidad y referencia a la totalidad, cosa que él decía que no aparece en los fenómenos que no son vitales. Se llegaría a un criterio para distinguir un fenómeno vital del que no lo es. Ya que el Profesor se dedica a eso me gustaría su respuesta.

- Dr. Grigera: En principio yo también voy a apelar a San Agustín cuando hablemos de la definición de la vida, "si no me preguntan, lo sé, si preguntan no lo sé", es decir, la definición de vida es muy compleja, pero la diferencia que plantea el profesor vamos a comentarlo mañana con algún ejemplo.

- Prof. Prosperi: Vorrei toccare vari punti che, mi pare, si ripresentino tutti gli anni.
Primo punto: il discorso sulla creazione.
La creazione, ovviamente, non può essere un problema scientifico, essa va al di là della scienza. In Aristotele c'è certamente l'idea che tutto è mosso da Dio, non, però, per una sua azione diretta, ma perché tutto tende a conformarsi a Lui. L’universo ha una sua esistenza indipendente, è coeterno a Dio (è questa è una delle famose proposizioni condannate nei decreti dei vescovi di Parigi e di Oxford del 1270 e del 1277). Per lui il mondo è un mondo necessario, conoscibile per sé da principi generali, che non potrebbe essere diverso da come è (anche se egli non fu certo coerente con questo assunto nei suoi scritti biologici). Un discorso simile mi pare si possa dire per la filosofia neoplatonica, in cui tutte le cose vengono da Dio per emanazione. Caratteristica dell’idea di creazione è invece l’intenzionalità di Dio. Dio crea il mondo e lo crea così come è per una sua libera scelta, lo crea secondo un progetto. Questo mi pare il concetto essenziale! Per sé non è rilevante che Egli lo crei con un inizio o senza un inizio nel tempo. Lo stesso Tommaso d’Aquino riteneva l’idea di una creazione ab aeterno perfettamente accettabile, l’escludeva solo come contraria alla rivelazione. Credo che noi, tuttavia, dati gli attuali criteri di lettura del testo biblico, possiamo ritenerci del tutto liberi anche su questo punto
Secondo punto: falsificazionismo, strumentalismo e conoscenza per i modelli.
Credo vi sia sempre più consenso sulla circostanza che la conoscenza scientifica sia una conoscenza per modelli. Ma che cos’è un modello? Certamente non si può coerentemente parlare di un modello come di un semplice strumento per la previsione di fatti che guidi la nostra azione pratica, il nostro operare. Perché possa svolgere anche questo ruolo, un modello deve innanzitutto parlarci di una realtà, gli si deve riconoscere un contenuto di verità. Il modello non ci dà una conoscenza propria ed esaustiva dell’oggetto, non ci dice come è la realtà in sé; ci fornisce una conoscenza per via analogica, che però pretende, sui modo, di essere vera e, per determinati aspetti, anche definitiva. In fisica esso non consiste necessariamente in una rappresentazione in termini intuitivi tratta dalla nostra esperienza ordinaria, non è necessariamente di tipo meccanico, può essere di natura anche solo matematica ed avvicinarsi per molti aspetti al senso che il concetto ha appunto in matematica. In questa prospettiva il concetto di falsificazione di Popper appare francamente molto ristretto. Tutte le teorie ad un certo momento diventano insufficienti, si trovano di fronte a nuovi fatti che non riescono a spiegare, che le contraddicono. Si dovrebbe allora dire che tutte le teorie presto o tardi saranno inevitabilmente riconosciute come false? Il fatto è che di un modello non si può dire solo che esso sia vero o falso ma anche che esso si sia rivelato, più semplicemente, inadeguato a dar ragione di nuovi fatti emersi. Anche in quest’ultimo caso esso può mantenere, però, tutta la sua validità nel contesto dei fenomeni e alla scala di osservazione per cui è stato creato, essere inglobato attraverso un appropriato codice di traduzione nel modello successivo e continuare ad essere utilizzato nelle appropriate condizioni Un esempio tipico è quello del rapporto tra meccanica classica e meccanica quantistica. Il concetto base della meccanica classica è quello di punto materiale, come idealizzazione di un oggetto di dimensioni trascurabili sulla scala di osservazione, a cui però è attribuita una massa. Tale idealizzazione fu applicata con successo, per esempio all’elettrone, quando si trattò di descriverne il moto, per esempio all’interno di un tubo na raggi catodici sotto l’azione di campi elettrici e magnetici macroscopici e lo è tuttora nella progettazione di una macchina acceleratrice o altro apparecchio di misura. Il modello si rivela pero inadeguato quando vogliamo studiare le proprietà dell’elettrone nell’atomo e, addirittura, contraddittorio quando si vogliono considerare fenomeni di interferenza e di diffrazione ottenuti con fasci di particelle; in questi casi si deve far ricorso alla meccanica quantistica, nella quale all’elettrone è associato un campo, che obbedisce a un’equazione del tipo di quella delle onde. I livelli energetici di un atomo saranno allora posti in relazione con le frequenze caratteristiche della funzione d’onda confinata dalla forza di attrazione esercitata dal nucleo, o i fenomeni di interferenza spiegati come il risultato della sovrapposizione di onde, che seguono percorsi diversi. Ma che dire del moto di un elettrone libero all’interno di un campo macroscopico? La soluzione appropriata dell’equazione d’onda in questo caso si riduce a un pacchetto di dimensioni molto piccole, il cui baricentro si muove con ottima approssimazione secondo le leggi della meccanica classica. Basterà utilizzare per tale pacchetto l’idealizzazione come punto materiale perché la teoria classica resti perfettamente valida nella situazione specifica, all’interno della teoria più generale.
In conclusione, la scienza non coglie mai la realtà nella sua interezza, la coglie sempre in maniera provvisoria, però riguarda la realtà, quindi ha un contenuto di verità.
Terzo punto: il problema del meccanicismo e del vitalismo nei fenomeni biologici.
Innanzitutto, come ho sottolineato altre volte, si dovrebbe oggi usare il termine fisicalismo (spiegazione per mezzo delle leggi fisiche) in luogo del termine meccanicismo. Venendo al dunque, si sente spesso dire che la vittoria del meccanicismo è stata completa e che non c’è più spazio per il vitalismo. Questo è certamente vero, se ci si riferisce a quegli aspetti del fenomeno vita che rientrano prettamente nell’ambito della fisiologia. Poiché sappiamo che un organismo vivente è costituito dalle stesse particelle, dagli stessi atomi e dalle stesse molecole che costituiscono il mondo inorganico, è chiaro che ogni evento che lo riguarda deve poter essere descritto negli stessi termini fisici e chimici usati per quest’ultimo. Il discorso cambia, però, se si affronta l’aspetto psichico, o meglio, più precisamente, quello della soggettività. Il soggetto, proprio per il suo carattere unico e irripetibile, sfugge di per se ad ogni scienza. La scienza parla sempre per categorie generali, parla sempre d'oggetti che possono essere sostituiti da altri, il soggetto nella sua unicità individuale, nella sua singolarità non può mai essere colto dalla scienza. In questo senso mi sembra si possa dire che, il meccanicismo o il fisicalismo affronta solo un aspetto del fenomeno vita, ma che non lo può esaurire e, certamente, non può esaurire la vita umana, caratterizzata non solo dalla coscienza, ma dalla coscienza di sé. Io credo, in realtà, che non possa esaurire neanche la vita degli animali superiori. Nel nostro sentire comune noi siamo portati ad attribuire anche ad un cane, ad un gatto, ecc. una qualche forma, sia pure larvata, di coscienza, se non di autocoscienza e questo è già qualcosa che va al di là dei termini chimici e fisici. Mi sembra poco importante che questo si voglia definire vitalismo o altro. Vorrei qui insistere sul fatto che il discorso sulla soggettività, sull'identità personale (mi riferisco ora all'uomo), è totalmente distinto e incommensurabile col problema della descrizione e della comprensione dei processi che avvengono nel nostro sistema nervoso. Quando parliamo dei processi che si verificano nel nostro cervello, non parliamo, in realtà, del nostro cervello, ma di un cervello, ne parliamo con lo stesso atteggiamento mentale che abbiamo davanti al nostro televisore, al nostro computer, ecc. Capire la struttura di "hardware" o di “softhware” o i processi chimico-fisici con cui funziona il nostro cervello, certamente è molto importante, forse molto utile per la cura delle malattie mentali e psichiche, ma non ha nulla a che fare e non sfiora neanche lontanamente il problema dell'identità personale.

- Padre Coyne: L'universo stesso è un oggetto che non può essere sostituito da un altro oggetto.

- Dr. Puyau: Quería decirle a la exposición del Prof. Prosperi. El tema del falsacionismo de Popper surgió históricamente de esta manera: las tesis empirista, que a principios del siglo pasado eran las dominantes decían: "no admitimos ninguna ley que no tenga base empírica". El problema de una ley que no tuviera base empírica era rechazarla totalmente, ese era el criterio, un poco kantiano, también, del papel que le ha dado a la experiencia. Popper se plantea esto: para explicar yo necesito leyes universales; ¿cómo puedo sacar las leyes universales de la experiencia? ¿qué procedimiento tengo? El Círculo de Viena tuvo dos expresiones importantes que fueron Hans Reichenbach, que había ido de Berlín y el otro, Rodolfo Carnap. Los dos escribieron Lógica de la probabilidad y no pudieron justificar nunca -ése es el problema- cómo yo de experiencias individuales -no pueden ser otras- puedo obtener leyes universales. Entonces, si no renunciamos al universal, podemos decir, una proposición universal afirmativa yo la puedo invalidar mediante su contradictoria, que es una particular negativa, sin resolver el problema de los fundamentos lógicos de la probabilidad que yo no creo que haya encontrado, hasta el momento, por parte de los lógicos una solución satisfactoria. Después de Reichenbach y de Carnap -1960, más o menos- no ha habido muchos intentos en ese sentido. Casi a fin de siglo las exposiciones que se hacen no renuevan la tesis de Reichebach o de Carnap, uno con una concepción lógica de la probabilidad, y el otro con una concepción frecuencial de la probabilidad que la quiso llevar a sus consecuencias, que sería la más afín a los físicos. De eso me gustaría que Ud. me dijera algo.

- Prof. Brenci: Credo che se vogliamo parlare di vita bisognerà affrontare anche il problema di che cosa intendiamo come vita. Ho sentito parlare di vita umana, ma per due miliardi d'anni sulla terra c'è stata una vita non umana, di cui abbiamo traccie certe e con un proprio significato. Se noi diciamo che la vita è qualcosa che contiene in sé il proprio programma, che il proprio programma è riproducibile, adattabile e ottimizzabile, parliamo di un qualcosa che esiste nell'uomo, ma anche e sicuramente, in molte altri esseri che infatti chiamiamo viventi. Vale la pena, non dico de fare una breve storia della vita sulla terra per quanto utile, ma di rendersi conto che al passaggio dal procarioti agli eucarioti oltre alla memoria genetica rappresentata oggi dagli acidi nucleici, Possiamo supporre proprio per come è fatto uno degli acidi nucleici, il tRNA che molto probabilmente ci siano state anche altre forme di memoria, memoria che sono andate evolvendo nel tempo, si sono ottimizzate nel attuale sistema di registrazione della informazione genetica ed hanno permesso il passaggio dai procarioti, ad informazioni diffuse, agli eucarioti. Il passaggio da unicellulari a pluricellulari ha introdotto nel vivente la memoria neuronale che con la sua ottimizzazione rende possibile un rapporto più profondo con il mondo fisico esterno, perché al di là della specie, delle modificazioni del programma genetico e della ottimizzazione della comparirà l'individuo, con la possibilità di una memoria individuale capace di comprendere il proprio ambiente fisico-chimico in maniera tale da permettere all’uomo unico di modificare una legge fino a quel momento valida per tutti i viventi, quella del coefficiente di selezione di specie. Il coefficiente di selezione e modificato solo dall'uomo, da questo di scende che l’uomo è un animale molto particolare capace di conoscenza e dotato di libertà e quando inoltre l'uomo raggiunge il linguaggio, e puó porre l'altro come altro io, l’uomo pone la basi per l’intersoggettività, sensa la quale non è possibile la scienza e forse la conoscenza. Questo è quanto a me sembra. Vi chiedo scussa perché può darsi che tutto questo sia molto individuale e soggettivo.

- Prof. Prosperi: Non mi pare che ci sia niente di individuale e soggettivo in quello che dici. Non capisco come tu lo leghi col problema di cosa sia la vita.

- Prof. Brenci: È solo una premessa che considero utile per poter parlare filogeneticamente quando nasce la vita.

- Dra. Archideo: Lo que acaba de decir Brenci de alguna manera nos ubica ante la vida y lo no vital. Pero, lo que dijo Prosperi se refiere más bien a la vida y llega a la vida humana, y después hace relaciones de la vida humana con las otras realidades que también son vitales, por eso una cierta autoconciencia. A mí me impactó, confieso, porque la autoconciencia dice relación a lo espiritual y no puede volver sobre sí sino aquello que tiene espíritu, no puede volver sobre sí la materia. Entonces, lo interesante de Brenci es haber presentado lo no vital y lo vital, y después iremos a la vida humana.

- Dr. Puyau: El tema de la memoria en el sentido biológico y en un sentido psicológico se planteó muchas veces. Hay un libro célebre de fines del siglo XIX de Henry Bergson titulado Materia y Memoria donde distingue dos formas de memoria. Una que llamaríamos mecánica y otra que él llama psicológica. Y en un autor totalmente distinto a Bergson, como es Freud, se refiere a lo siguiente: la compulsión a la repetición es una característica del comportamiento neurótico, y en esa compulsión a la repetición yo repito para no recordar psicológicamente, y me dejo dominar por ese mecanismo para no enfrentarme al pasado en cuanto pasado mío, porque en la repetición se anula el pasado, en cambio en la verdadera memoria se presentifica el pasado, eso es lo que yo veo de diferencia.

- Prof. Brenci: E un argomento difficile in quanto si deve affrontare l’esistenza di regole che presiedono alla memorizzazione e influiscono sui ciò que registriamo e perché e quando lo facciamo. Un esempio di “regola”, puo essere dato col processo di “iterazione”. Stimolando ripetutamente in un povero gasteropode, l’aplisia ci si è resi conto che la ripetizione di uno stimolo può portare alla sua banalizzazione con l’annullamento della registrazione dello stimolo stesso. Pensi che hanno seviziato questo povero gasteropode titillandolo con una punta dolce e questo poverino ha banalizzato lo stimolo e riceveva altri stimoli senza nessuna funzione di disturbo da parte dello stimolo che era stato iterato. Poi gli hanno fatto la cattiveria di sostituire come stimolo l'avvicinamento di una fonte di calore e ci si è accorti, addirittura, che questo stimolava la formazione d'altre vie di ricevimento dello stimolo e il nucleo della cellula dell'arco riflesso produceva proteine cercando di strutturare delle nuove vie di ricezione per poter in pratica reagire ritraendo il recettore allo stimolo.
Che voglio dire con tutto questo? L'iterazione, sicuramente, a livello psicologico può essere banalizzata, ma non è l'unica forma, dipende da che cosa si sta iterando, da che cosa si sta ripetendo. E proprio a livello analogia, neurofisiologia e psicologia, ci si è accorti che non era sufficiente considerare l'iterazione come fonte di banalizzazione, quindi, di perdita di informazione o addirittura di voluta perdita di memoria da parte dall'individuo, dipende da una struttura che è interna quasi sicuramente alla memoria di specie che dice "se questo è dannoso cerco di percepirlo il prima possibile. Se questo è indifferente, lo banalizzo". E questo tipo di comparazione viene fatta nella memoria genetica. Il fatto di sintetizzare "ex-novo" una nuova struttura che renda più veloce la conduzione dello stimolo, significa che il tutto ha sicuramente un sistema di comparazione a livello della registrazione genetica del programma di specie.

- Dr. Puyau: El recuerdo psicológico, primero lo planteó Bergson, es un recuerdo localizado en la vida, y en el recuerdo mecánico se pierde toda esa riqueza del pasado. Ésa es la diferencia que ya veía Bergson. Y, pienso que de alguna manera, aunque las posiciones de Bergson y Freud no son coincidentes, pero en ese sentido también, reitero, y no es que pierda la memoria, es que dejo de recordar lo que me resulta desagradable en la vida. En cambio de recordarlo psicológicamente, lo reitero en una forma, diríamos, muy genérica como mecánica.

- Prof. Brenci: Non sono sufficientemente preparato per dire che cosa è gradito e non gradito a livello psicologico. `E un problema che non sono in grado di affrontare, e lo lascio a psicologi e filosofi.

- Padre Boschi: Prescindendo dal mio campo d'osservazione che è tipicamente biblico-teologico. Ma anche dal nostro punto di vista alla scienza si richiederebbe anche delimitare nell'ambito della così detta evoluzione, quindi della storia dell'universo, la demarcazione tra il passaggio dalla non vita alla vita. Questo è il punto focale. Poi c'è n'è un secondo angoscioso, ma per noi esaltante della fede, che è quello alla vita umana. Secondo me, c'è un umus di fondo che va colto e credo che le scienze qui si trovino nel loro ambito specifico, tutte le scienze, quando comincia, quando si determina quello che noi chiamiamo il fenomeno vita, e come si determina. E su questo fenomeno di fondo, su quest'enorme avventura della storia del mondo, anche quella celeste, c'è quanto altro, le galassie, come si determina l'origine della vita umana, cioè, dell'ominizzazione, cioè, quando l'uomo interviene e come interviene - come dicevamo manca Facchini che è parantropologo e questo sarebbe il punto tipico della parantropologia-, però io credo che questi due versanti siano determinanti sui quali poi c'è la riflessione successiva delle materie che poi fanno parte di quello che chiamava il professor Puyau, quella delle materie che affronta il problema universale, cioè, della globalità. Oggi parlare di globalizzazione noi che veniamo da vicino a Genova e meglio non insistere.

- Prof. Brenci: È molto difficile dire o stimare quando comincia un certo fenomeno perché prima dobbiamo avere chiaro cosa è quel fenomeno. `E difficile dire: se comincia nel momento in cui si realizzano tutte le condizioni o solo alcune, mentre se noi diciamo quali sono le caratteristiche essenziali della più semplice forma di vita, allora, forse possiamo dire qualcosa, sempre accettando che quel primo fenomeno possa poi trasformarsi in qualcosa sentre più complesso.

- Padre Boschi: Prima di dire l'origine io ho parlato di delimitare il campo. Questa era una provocazione, che racchiude anche quelle considerazioni che io avevo captato nel suo intervento, che c'è questa difficoltà, lo so. E di fatto io avevo detto è necessario delimitare, perché altrimenti noi continuiamo ad equivocare su tante cose. Se noi non riusciamo a delimitare il campo d'osservazione, noi perdiamo giornate senza arrivare a niente, questo era il mio punto. Quindi, mi fa bene anche questa posizione del biologo, però il problema rimane. Poi quello dell'origine della vita può anche una provocazione, è possibile, lei dirà, non è possibile e amici come prima.

- Prof. Prosperi: Volevo riprendere anch’io il discorso sull’importanza, nel fare scienza, di definire molto bene i termini che si usano e delimitare il campo. Non ho colto, in realtà, la differenza tra la posizione di Brenci e quella di Padre Boschi. Mi sembra importante, tuttavia ricordarsi che alla base di questo discorso c’è il problema delle preconcezioni, di cui anche nella didattica, si è oggi presa notevolmente coscienza. A monte di ogni discorso di tipo scientifico, c’è l'esperienza del nostro vissuto. E’ il linguaggio naturale che su questo si fonda, ma che ha già ricevuto quella elaborazione che la cultura ci porta. Ciò che noi facciamo nel linguaggio scientifico è di delimitare molto bene l’uso di determinati termini e di determinate espressioni, ma, senza un linguaggio naturale dotato di senso, noi non possiamo neppure istituire il linguaggio scientifico. Definiamo allora pure il senso in cui stiamo usando la parola vita. Se adottiamo la definizione di Brenci, ci poniamo a quel livello che io chiamavo biologico, non ho dubbi che esso vada affrontato essenzialmente in termini fisico-chimici. Il concetto di vita, e di vita umana in particolare, però, si radica in quella esperienza personale e viene prima di ogni definizione; su questo volevo insistere.

- Prof. Brenci: Ringrazio Giovanni di quello che ha detto perché è proprio quello a cui volevo arrivare. Noi possiamo applicare il fisicalismo a concezioni elementari della vita che è un continuo divenire, un continuo attingere a livelli sempre più complessi, l’intervento divino è un discorso che non si può affrontare a livello Biologico, però è certo che la vita ha una sua complessizzazione, una sua ottimizzazione e che nell'apprendimento della realtà dell’ambiente costringe le memorie operative a diventare sempre più complesse. Ma sempre, come la scienza non esaustiva, ma è sempre più vicina, mettendo alla realtà, alla capacità...
Per me la massima qualità dell'uomo è la libertà, la comunicazione cosciente viene subito dopo, ed è quella. Scegliere un linguaggio vuol dire sempre limitare la conoscenza del reale limitandolo a soli alcuni suoi aspetti. Scussa, un piccolo inciso. Parlando dei modelli, io credo che le posizioni, per esempio, quando si parla di falsificabilità, si parla impropriamente, secondo me, anche Popper, mica, è una divinità. Popper la falsificabilità è uno degli aspetti, cioè, vedere le contraddizioni logiche interne ad una teoria è una delle possibilità, ma può darsi benissimo che la teoria precedente -e mi sembra che tu l'abbia pure detto- sia anche la possibilità di essere concepita come un caso limite di una teoria ampliata, se non sembra che noi altri stiamo cercando disperatamente fin che troviamo l'errore e dobbiamo tagliare tutto, no. Io credo che la conoscenza scientifica si approssimi sempre più alla conoscenza del reale.

- Padre Coyne: Per me, il problema di poter definire la vita in contrasto con la non vita, e la vita umana in contrasto con tutte le altre forme della vita, viene dal fatto che non vogliamo ammettere un divenire continuo. Da tutti i dati empirici della cosmologia e dell'astrofisica, si verifica che dall'inizio del mondo c’è una continuità di origini, dalla nascita delle galassie, dalla nascita delle stelle di diversi tipi, dei sistemi planetari, dei pianeti abitabili. Noi non vogliamo ammettere quella continuità quando veniamo a parlare della vita, specialmente della vita umana.
Per me c'è un influsso ingiusto sulle scienze empiriche e naturali di concetti filosofici e teologici. Per esempio, si ritiene che lo spirito non può venire dalla materia; non nego quello; ma insisto di voler sapere il perché. Perché lo spirito non può venire dalla materia? Non riduco lo spirito alla materia, ma perché negare una continuità nel processo evolutivo dell'universo. Tale discontinuità è un problema in confronto con la continuità vista fra tutti gli esseri ed oggetti venuti fuori nell’ evoluzione del mondo.

- Dra. Archideo: Lei potrebbe dare una spiegazione di perché questo divenire continuo, veramente, non può tagliarsi nel fatto che dalla materia si continui, diciamo così, lo spirito?

- Padre Coyne: Chi saprà definirmi lo spirito? Abbiamo certe pregiudichi, io per primo, come uomo religioso, cattolico, fedele, credente.

- Dra. Archideo: Ma, non si tratta qui del fatto esistenziale de essere cattolico, ma del significato della nozione di Spirito e dell’essere spirituale e la sua diversità con la materia. Cosa significa spirito diverso di materia? Non potrebbe nemmeno parlare di spirito e materia se non fossero due cose diverse, lo spirito è semplice, non ha parti, la materia è estesa e dunque ha delle parti. L’uomo, essere misto materio-spirituale, avendo spirito ha autocoscienza e libertà che la materia non ha.

- Padre Coyne: Allora, posso dire solo questo, che c'è un processo di complessità che è universale nell'universo. Si studiano quei processi e sembra che quegli studi rinforzino la continuità nell'evoluzione dell'universo. Lo spirito è un concetto -non so dire- che viene da una certa cultura dalla fede. Ma non riesco a capire la necessità di negare una continuità anche al riguardo del sorgere dello spirito. I problemi che aveva Teilhard de Chardin, i problemi che hanno tutti coloro che cercano di stabilire una continuità derivano dai contrasti con i concetti teologici, che sono basati su certe filosofie. Fisicalismo, vitalismo, perché tutti questi ismi? Gli ismi immediatamente introducono una discontinuità.

- Prof. Prosperi: A questo proposito vorrei ripetere un argomento che già tante volte ho portato, che nell'immediato non ha niente a che fare con la teologia. Davanti a noi abbiamo dei libri, questo particolare libro è rosso, con questa affermazione io sto parlando di un'esperienza mia personale, non comunicabile. Affrontiamo il discorso dal punto di vista della fisica. Dirò che luce di una certa lunghezza d'onda colpisce il mio occhio e quindi la mia retina, luce di lunghezza d'onda diversa provocherà in quest’ultima reazioni di tipo diverso e da essa si genereranno segnali nervosi diversi che raggiungeranno il mio sistema nervoso centrale. Potrò parlare della natura di tali segnali, che sono elettrici in seno a una singola cellula nervosa, si trasmetteranno invece per via chimica da una cellula nervosa all’altra. Potrò quindi cercare di capire come il mio sistema nervoso centrale rielabori il fenomeno. Sto parlando di una radio, di un computer, del mio sistema nervoso, di quello di Brenci....? Non vi è differenza! Ma l'esperienza di rosso che io ho, è del tutto personale; che relazione c'è tra il fenomeno fisico che ho descritto e la mia percezione? Ritenete di poter comunicare a un daltonico il concetto di rosso illustrandogli tutti i processi fisiologici che si verificano nel nostro cervello? Io penso che sia assolutamente ovvio di no. L’unico modo in cui io posso, non dico comunicare la mia esperienza di rosso, perché questa è unica, è mia e non può essere di altri, ma ottenere che una persona, che non sia daltonica, arrivi a un concetto che, in qualche modo, si possa ritenere simile, è quello di fargli rivivere un’esperienza analoga alla mia. Finché resto nell’ambito della fisica potrò parlare di potenziali, di spostamenti di elettroni, di correnti elettriche che si comportano in un certo modo, ma non vedo nulla che abbia a che fare con la mia percezione del rosso. Come ho già raccontato un’altra volta, io mi sono divertito a insegnare a riconoscere tutti i colori ai miei vari nipotini, che avevano cominciato ad apprenderne alcuni. L’unico modo di far questo è stato, ovviamente, quello di mostrare loro diversi oggetti di ogni determinato colore, una pianta, un libro, una matita, e dire loro; “questo è verde, questo è giallo, ecc.”; in pochissimo tempo, non più di uno o due giorni, erano diventati capaci di distinguerli completamente. In quest'esperienza soggettiva del colore, come potrebbe essere del suono o del sapore, c'è qualche cosa che non trovo assolutamente nella descrizione scientifica. Tra le due cose, per quanto estrinsecamente legate, vi è una discontinuità evidente. Tale discontinuità è insita nella scelta fatta da Galileo di porre l’attenzione sulle sole qualità primarie, scartando le qualità secondarie. E’ quest’ultima una scelta fondamentale, che deve ritenersi essenziale e costitutiva di una scienza sperimentale come tale, è quella che permette l’oggettività, che rende, come si dice, la fisica una scienza pubblica. L’approccio alla realtà proprio delle scienze è un approccio sotto un aspetto particolare, è questo che costituisce la loro forza, ma che anche ne indica il limite. Ritornando alla nostra esperienza soggettiva, non vedo in che senso questa possa essere continua con qualunque altra cosa. Io percepisco la mia identità come qualcosa di singolare, come qualcosa di unico, come qualcosa di irripetibile, e la percepisco come distinta da quella di tutte le altre persone, che sono convinto abbiano tutte una loro identità, simile alla mia, ma che non sfuma in quella degli altri. Il problema di qualcosa di nuovo, almeno nell’uomo, che non può rientrare nel tipo di descrizione che dà la fisica, inevitabilmente si pone. Come la nostra realtà soggettiva si saldi con quella, diciamo così, corporea è un problema e resta per me un mistero, che attraversa la storia del pensiero umano. Cartesio ne dava, come sappiamo, una soluzione che possiamo considerare ingenua. Con un’immagine a noi familiare, possiamo dire che egli pensa all'anima come al pilota di un aereo, il corpo, che ella guida e controlla; è la soluzione che è stata detta dell’homuncolus. In termini moderni essa si riflette nel dualismo interazionismo di Eccles. Questa soluzione non ci soddisfa perché rompe in qualche modo l’unità dell’essere umano. Più vicini aTommaso (e ad Aristotele) potremmo dire che la l’esperienza interiore o la fisica e la biologia ci offrono due angolature diverse su un realtà che noi fatichiamo a percepire come una. Non ho difficoltà ad ammettere che il problema del rapporto resta per me avvolto nel mistero, ma la percezione della nostra unicità e irriducibilità ad altro è un fatto incontrovertibile. Questo non deriva da una preesistente fede religiosa. Anzi mi sembra che sia alla radice di ogni fede religiosa. Alla domanda ultima sul problema della nostra identità e della nostra origine non esiste risposta al di fuori dell’idea di un Dio personale, anche se, per dare un senso a questa risposta, è indispensabile un appello ad un’esperienza che va al di là dei nostri sensi e della nostra ragione.

- Dr. Grigera: Con respecto a lo que dice el profesor Prosperi, el rojo es tan personal que yo no estoy seguro -no soy daltónico y estoy de acuerdo que eso es rojo-, pero no sé si el profesor Prosperi ve lo mismo que veo yo. Estamos de acuerdo que es rojo, nuestra percepción de ese color puede ser diferente. Estamos de acuerdo en la longitud de onda y todas las características físicas. Pero de cualquier manera, esa apreciación personal y esa conciencia personal que tenemos, tampoco fue una discontinuidad, la venimos generando a lo largo de nuestra vida, y estoy de acuerdo que somos diferentes, pero no necesariamente nuestra conciencia actual apareció abruptamente. Es decir, estoy plenamente de acuerdo con lo que acaba de decir el profesor Prosperi, pero no estoy seguro de que eso sea una prueba de que hay una discontinuidad.
Con respecto a la vida, y no estamos en el hombre, sino en los principios elementales, claramente no encuentro ningún aspecto de discontinuidad en ese desarrollo, y me temo que en algún momento, estemos, a niveles superiores, generando una discontinuidad porque nos hace falta información, no conocemos algunas cosas que harían de ese puente.
Hace muy pocos años, el salto entre moléculas inanimadas y moléculas de las que llamamos biológicas, era inconcebible y ese salto nos producía una discontinuidad porque no sabíamos que cuando encontramos el ácido desoxidorribonucleico, el DNA, tenía información que estábamos transmitiendo, no sabíamos cómo copiarla, en una cuestión elemental, pero resulta que el ribonucleico también puede llevar esa información. El punto sobre de qué manera lo reproducimos quedaba sin resolver; pero resulta que el RNA tiene capacidad enzimática, es decir que lentamente, en los últimos diez años, quizás -Brenci debe conocer la fecha mejor- hemos visto que podemos establecer una continuidad que antes era inimaginable. Entonces, sin desechar cualquier postura, tenemos que ser cautelosos, que no nos aparezcan discontinuidades porque nos falta información.

- Dr. Puyau: La afirmación de continuidad o discontinuidad, cuando realizo una labor elemental clasifico y al clasificar tengo que separar. El aspecto clasificatorio no basta, estoy de acuerdo, pero es indispensable. Si hay esa continuidad, en base a qué yo clasifico.

- Dr. Grigera; Es otra cosa.

- Prof. Brenci: Io credo che une delle cose su cui si può riflettere è chi non è affatto detto che il divenire sia continuo unidirezionale. La parola complessità spiega molte cose ma in questo divenire continuo la capacità non è solo la somma delle disponibilità precedenti. Il divenire appare discontinuo perché quello che vediamo oggi è solo quello che è arrivato fino a noi. Più si va avanti, più si rendono complesse le strutture, più si rende aderente all'ambiente la memoria vita. A me questa evoluzione continua della vita che prende memoria di quello che sta succedendo spiega e si connetta alla storia dell'ambiente, e mi spiega como la singola nicchia ambientali renda possibile una data forma di vita in un dato momento, forma che meglio memorizza quella determinata nicchia ambientale. “Se non ci fosse una storia della terra e delle sue trasformazioni” non esisterebbe evoluzione biologica. Un detto di un vecchio comparatista tedesco, Weismann che diceva: "l'ontogenesi ricapitola la filogenesi". In altre parole la continuità della evoluzione è rappresentata dall’ontogenesi che riassume e collega le variazioni discontinue della filogenesi.
Con i sensi si trasforma la realtà in una registrazione e si è capace di adattare la registrazione della realtà per comunicarla agli altri. In questo modo l'uomo mostra di avere una capacità interpretativa della realtà che gli permette di leggare tutto quello che è stato fino a quel momento la sua storia, nel cosmo, nel sistema solare, nella Terra. Questo strano essere è capace di modificare l’ambiente e rendere possibile la vita anche al di fuori delle sue legge, è molto probabilmente che si arriverà a far nascere tutti i bambini che vengono concepiti, quando arriveremo come si sta cominciano a fare ad operare terapeuticamente all'interno dell'utero. Questo rende meravigliosi la capacità dell'uomo. L’animale non è capace di storia, non è capace di conoscere gli eventi precedenti, e trovarne le correlazioni è progettare il futuro. La predittività a me sembra il dono che anche nella conoscenza limitata all'uomo, pur nella limitata capacità dei modelli interpretativi del futuro, e l'altra è la libertà di scegliere fra le varie soluzioni che mi prospettano i modelli quella che considera più utile. Per me, l'uomo non è solo conoscenza ma è sopratutto libertà.

- Prof. Prosperi: Per te è una libertà vera.

- Dr. Puyau: Aquí hablamos de continuidad y parece que no nos entendemos. Tradicionalmente, un concepto que fue insuficiente, se consideraba que algo era continuo si era infinitamente divisible. Los números racionales no constituyen un continuo y son infinitamente divisibles. Alguna condición más se pide hoy día para el continuo. Aristóteles decía: hay continuo cuando los extremos son comunes. Pero la visión parecía demasiado geométrica. No sé cómo entiende Ud. o el profesor Brenci continuo.

- Dr. Grigera: De cualquier manera no estamos hablando de continuidad matemática, las funciones continuas son otra cosa diferente de lo que estamos hablando. El sentido de continuidad es que no hay un momento en el que se produce un salto. Creo que Brenci lo explicó muy bien, es decir, no quiere decir que no se produzcan eventos realmente nuevos, pero que son la conjunción del entorno del progreso o del cambio sin que haya un salto mágico, llamémosle, que nos produce una diferencia entre distintos niveles.
Estamos ahí, justamente en una discontinuidad en cuanto a una mutación localizada, puede ser. Pero una mutación que produce un cambio, de cualquier manera es discontinua en cuanto a que el mensaje tiene, quizás, un aminoácido cambiado, pero de cualquier manera hay una continuidad en el proceso, que es lo que estamos hablando nosotros.

- Prof. Brenci: L'espansione dell’universo è qualcosa in continua sulla terra nella evoluzione e non so perché si debba limitare il concetto d'evoluzione ad una teoria di tipo casuale quando l'evoluzione potrebbe essere tranquillamente la forma di attuazione del progetto divino della Creazione, l'universo, la matrice della la vita, e il fenomeno che coniuga l’essere e la libertà nell’uomo. Io uomo, oggi sono la somma di tutte le variazioni precedenti e sono arrivato alla complessità del mio cervello per quello. Sono arrivato al fatto che posso avere delle memorie operative che mi permettono di “conoscere”, solamente perché prima si è realizzato un fenomeno evolutiva. La mia forma di vita riassume, tutte le esperienze selettive delle altre forme di vita. Come uomo mie è solo mie restano la libertà e l’autocoscienza.

- Dr. Puyau: Perdón lo interrumpo. Pero ¿qué entiende por realidad?.

- Prof. Brenci: Il fatto che sono abbastanza certo che esista un cosmo, che esista un sole, che esista una terra, che esista io, questo è quello che intendo per realtà.

- Dr. Puyau: El profesor enumera cosas reales, pero ¿qué los unifica? Eso es lo importante.

- Prof. Brenci: E qualcosa che esiste indipendentemente della mia volontà, e che le relazioni che esistono fra me e questa realtà mi danno la sensazione, perché un neopositivista potrebbe anche dire che esiste solo la relazione, non la realtà. Ma, io sento la necessità di porre com'esistenza al di fuori di me, con quelli famosi esempi banali, la sedia della mia camera, che io adesso non vedo, e con cui non mi pongo in relazione sensibile, esiste al di fuori di me, che io sia qui, o che io sia là, la sedia c'è. Per me non è la relazione che costituisce l'oggetto. L'oggetto è reale in sé, poi si realizza una relazione. Questo è quanto penso e siccome ho portato i massimi sistemi, perché io credo che il sole al di là delle variazioni dovute, per esempio, dalle nuvole interposte, esista, non perché io sento il caldo, ecc., è qualche cosa che è indipendente dalla mia realtà. C'è. Poi che valore do a questo c`è? La realtà, che peso ha nella mia storia individuale? `E tutto un altro discorso, che secondo me è importantissimo perché quando tu dicevi, il mio io esistenziale, quello sicuramente è una successione d'esperienze che sono la tua storia spirituale, soprattutto le tue scelte liberi. Che cosa ti ha portato ad essere quello che sei oggi, la tua sensibilità, il tuo mondo, ed, in più oltre tutto quello, esiste sicuramente il fatto -tu sei fatto di sessanta mille copie geniche che sono le tue specifiche e ti pongono rispetto al mondo in una maniera piuttosto che non in un'altra, oltre alla tua storia spirituale.

- Prof. Prosperi: Non sono però le sessantamila copie di geni che spiegano la mia identità personale.

- Prof. Brenci: Non, non sono quelli che spiegano, ma sono quelli che concorrono insieme a tante altre cose.

- Dra. Archideo: Aquí pareciera que hay un problema en la consideración de los términos analógicos. ¿Qué entiende la filosofía por continuidad y complejidad? Está bastante unido a lo que dicen los científicos. El tema es qué entienden ustedes por simplicidad que es la característica del espíritu y qué entendemos nosotros. ¿Por qué importa la simplicidad? Porque me refiero a la relación espíritu y materia y a la posibilidad de que entre ambos se dé una discontinuidad. Esto no quiere decir que la complejidad cada vez mayor no facilite en concreto a ese ser llegar después a constituirse en un ser espiritual con mayor complejidad. La simplicidad del espíritu constituye una discontinuidad que se hace libertad -libertad no espontaneidad- en la autoconciencia y esto es una novedad propia del ser que tiene una animación -alma- espiritual y obviamente no se sigue de la materia. Probablemente las palabras al ser analógicas requieren una mayor explicación.
Mañana, ya que el Dr. Grigera va a hablar del tema biológico, creo que se va a prestar para que hagamos esas distinciones.



A Exposición Dr. Puyau


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